NUNZIATINA

NUNZIATINA

MEMORIA

«… Intorno alle 17 di una domenica calda ma piovosa Onna fu circondata. Venti uomini furono catturati e portati in una zona all’ingresso del paese (dove oggi ci sono le macerie della scuola elementare).
Il prezzo della loro liberazione doveva essere la consegna di quel giovane ribelle.
Ma in realtà la richiesta era solo una scusa. La strage ci sarebbe stata comunque. Le donne del paese per salvare i loro uomini condussero dai tedeschi la madre e la sorella del «ricercato».
Anche loro furono unite al gruppo delle persone da fucilare. L’esecuzione avvenne nell’abitazione di Biagio Ludovici. La casa fu fatta crollare con le mine.
Altre dieci abitazioni, individuate grazie alla complicità di esponenti del fascismo locale, furono distrutte.
I tedeschi lasciarono a Onna vittime e macerie.
Ci sono voluti 65 anni per ricostruire.
Il 6 aprile la violenza del terremoto ha distrutto di nuovo tutto… »

Giuliano Parisse 11 giugno 1944. La strage nazista di Onna in Il Centro, L’Aquila, 25 aprile 2009

Noi la guerra non l’avevamo conosciuta, solo gli ultimi giorni quando c’è stato il massacro, né come fame né come niente perché avevamo abbondanza di tutto, i tedeschi ci hanno voluto bene, quelli che stazionarono qua per tanti mesi. Eravamo diventati come una famiglia, tutti amici. Tutte le famiglie che avevano spazi avevano dei tedeschi in casa, noi ne avevamo tre che mi insegnavano a parlare a contare in tedesco. Mi ero tanto affezionata. Ci hanno dato dei consigli, quello che dicevano si è avverato. Quando sono andati via piangevano. Erano tutti padri di famiglia, 40-50 anni. Erano bravi ci davano tante cose, cioccolata, marmellata, zucchero a zolle che ho visto per la prima volta nelle mani loro.

Poi di colpo arrivò quello che arrivò, una rappresaglia tremenda. I miei avevano avuto sentore che potesse succedere qualcosa e sono andati in campagna pensando di trasportare cose utili: “Se dovesse succeder qualcosa, almeno abbiamo le coperte per coprire i bambini.”

E quindi andarono lì per creare un nido, avevamo un campo di grano bellissimo, grano alto e alberi da frutta e pensavano ci saremmo potuti nascondere sotto.  Mi lasciarono a bada di un fratellino piccolo. In quel momento che loro non c’erano, iniziai a sentire delle urla di una donna che diceva: “SCAPPATESCAPPATESCAPPATE!”

Mi affacciai e vidi questa donna disperata perché aveva visto che i tedeschi stavano rastrellando le persone. Io avevo visto già dei tedeschi passare davanti casa qualche mezz’ora prima, erano tre con una valigetta tipo 24 ore. Sentii soltanto un signore che disse: “Ma non è che questi vanno a menare il ponte sull’Aterno?” e un altro gli rispose: “Ma no, io credo che questi legnino la cabina elettrica.”

Sentii queste parole, poi invece “Scappate!”, quelli erano tedeschi che stavano facendo un giro di ispezione per il paese. Presi il bambino e scappai.

Mi domando ancora, a 8-9 anni, come si fa ad avere quella prontezza di riflessi.

La paura sarà stata!

Ho preso mio fratello in braccio, tutte le giacche che stavano appese all’attaccapanni e sono fuggita con sto bimbo in braccio. Le strade erano sconnesse all’epoca e loro mitragliavano alle gambe e arrivava addosso una roba bollente. Poi uno sfollato napoletano mi prese il bambino e mi aiutò. Correvo, correvo finché non mi sono incontrata con mia madre che è corsa indietro richiamata da urla, strilli, sparatorie. Poi abbiamo passato una notte tragica. Gli stecchi delle case che saltavano per aria arrivavano in questo campo dove stavamo nascosti, poi ha iniziato a piovere e siamo andati a rifugiarci in un  mulino che ora il terremoto ha fatto crollare e dentro sono morti anche i proprietari. C’era tutto il paese. Anche i preti e le monache.

Al mattino presto prima che facesse giorno, all’appello dei familiari mancava un cugino: mio padre e mio zio avevano fatto famiglia assieme, non si sono mai separati, eravamo in 14 persone tra cugini genitori e nonni. Mancava un cugino un tipo molto coraggioso, non aveva paura di nulla e quel giorno se ne era andato a prender le ciliegie sulle colline di San Gregorio insieme ad altri bambini e avendo visto il fuoco a Onna non è tornato. Poi si è fatto coraggio, non erano ancora giorno, è rientrato in paese, è stato il primo e ha pensato che sicuramente stavamo al mulino nella proprietà nostra, quando è arrivato, tutti lo hanno aggredito: “Tu che hai visto?

“Onna è rasa al suolo… io sono passato sul corpo di un morto.”

Uno dei cugini da parte di mia madre era rimasto sopra le macerie ma senza testa, fu riconosciuto dal polsino della camicia perché era carbonizzato.

A Onna morirono in diciassette compreso due donne e due ragazzini.

Allora ci fu una presa di posizione da parte di tutti, dobbiamo rientrare dobbiamo vedere cosa è successo.

C’è stato il momento pietoso quando hanno tirato fuori i morti. Perché se non ci fosse stato mio cugino sulle macerie come testimone non ci si sarebbe pensato neanche pur sapendo che li avevano chiusi lì dentro, non si sapeva perché, e dove poi li avessero portati. Testimone mio cugino, sedici anni.

Quando siamo rientrati lo scenario era indescrivibile. Io pur essendo stata piccola ricordo tutto perché l’ho vissuto. Una donna all’ingresso del paese sul fiume stava su un cumulo di macerie, sventolava un sacco bruciacchiato e diceva: “Mi è rimasto solo questo per chiedere l’elemosina.”

Questo è stato uno scenario che come si fa a dimenticare.

Poi si sono rimboccati le maniche tutti quanti e siamo risorti alla meglio._Claudia Avventi/Giulio Malfer