Esiste un rapporto molto stretto tra ricordo e arte,
una funzione eternatrice che essa esercita rispetto all’artista, al soggetto rappresentato e al tempo
in cui si colloca.
Questo legame trova una rappresentazione chiara nella mitologia greca che vede proprio la Dea della Memoria, Mnemosine, dare a Zeus nove figlie, le Muse delle Arti.
Sin dalle sue origini
nella seconda metà dell’800,
la fotografia, nel suo rapporto con il reale, sublima questa causa: immortalare o rendere immortale ciò che è mortale e perituro, l’attimo che fugge così come la natura umana.
Fotografare fotografie deteriorate e quasi al limite della leggibilità non è solo un’azione conservativa
e documentaristica o uno sforzo intellettuale quasi filosofico di rimarcare la funzione dell’arte.
A guardare questi ritratti infatti non può che scaturire
la consapevolezza che apposti su antiche lapidi e quasi del tutto cancellati dal tempo,
oggi parlino di deperimento, morte e di oblio, e al tempo stesso di loro, e con loro noi stessi, caduchi ed effimeri salvati da un gesto estetico
ed evocativo che ci riconsegna al ricordo nel suo significato primigenio e profondo
re-cordis, riportare al cuore che era per gli antichi il luogo in cui tutto resta.
Ad eterna memoria.
CLAUDIA AVVENTI
Esiste un rapporto molto stretto tra ricordo e arte, una funzione eternatrice che essa esercita rispetto all’artista, al soggetto rappresentato e al tempo in cui si colloca. Questo legame trova una rappresentazione chiara nella mitologia greca che vede proprio la Dea della Memoria, Mnemosine, dare a Zeus nove figlie, le Muse delle Arti.Sin dalle sue origini nella seconda metà dell’800, la fotografia, nel suo rapporto con il reale, sublima questa causa: immortalare o rendere immortale ciò che è mortale e perituro, l’attimo che fugge così come la natura umana.Fotografare fotografie deteriorate e quasi al limite della leggibilità non è solo un’azione conservativa e documentaristica o uno sforzo intellettuale quasi filosofico di rimarcare la funzione dell’arte. A guardare questi ritratti infatti non può che scaturire la consapevolezza che apposti su antiche lapidi e quasi del tutto cancellati dal tempo, oggi parlino di deperimento, morte e di oblio, e al tempo stesso di loro, e con loro noi stessi, caduchi ed effimeri salvati da un gesto estetico ed evocativo che ci riconsegna al ricordo nel suo significato primigenio e profondo re-cordis, riportare al cuore che era per gli antichi il luogo in cui tutto resta. Ad eterna memoria. CLAUDIA AVVENTI
