alex zanotelli

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PORTRAITS

50° di ordinazione sacerdotale, predica durante la Santa Messa a Livo paese natale.

Benvenuti a tutte e a tutti, siamo qui per celebrare il Dio della vita, come direbbe San Paolo, siamo qui per celebrare la nostra vita, il nostro cammino.

Quando sono entrato in piazza questa mattina, mi sono ricordato di cinquant’anni fa, quando ho celebrato la mia prima messa, con tutti gli archi, con tutta la gente che c’era ed è stato un momento di festa.

Cinquant’anni dopo, cosa celebriamo?

Quello che dice il libro Deuteronomio: ‘Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere’.

Ricordati, fai memoria. È importante oggi non soltanto che ricordiamo i cinquant’anni di ordinazione sacerdotale, ma che facciamo memoria che ci fermiamo, che leggiamo la nostra vita e la nostra storia.

Lo dobbiamo fare alla luce della parola del Signore, avete visto che quando abbiamo portato la parola del Signore (il Vangelo) era accompagnata dai fiori, falli vedere bene, abbiamo un mazzo di rododendri che don Ruggero ha raccolto sulla cima del monte Pin…. grazie.

Perché lo abbiamo fatto?

Perché questo accostamento, parola di Dio e fiori, è importante, fondamentale ricordarlo.

Dio parla in tantissime maniere, parla certamente attraverso la sua parola, la Bibbia, ma prima della Bibbia Dio ci ha parlato in un altro modo, la natura, il creato.

Voi qui avete una zona così bella così splendida, dovreste passare a Napoli al rione Sanità a vedere che contrasto trovereste tra qui e lì. Avete questo posto così meraviglioso, fermatevi guardate, è parola di Dio questo creato. Bisogna ritornare ad apprezzare questi boschi a rispettare questi alberi. Mi ha fatto impressione quello che mi ha detto un missionario tornato dal Guatemala: ‘tempo fa è venuto a confessarsi un ragazzino che mi ha detto Padre chiedo perdono a Dio chiedo perdono a te perché ho strattonato un albero’.

Noi non abbiamo nessun senso di rispetto per questo Dio che ci circonda. È importante incominciare a recuperare questa parola con cui Dio ci parla.

Per ricordare i cinquant’anni dobbiamo ricordare davvero le persone che ci hanno accompagnato in tutto questo tempo.

Dico sempre, quando mi chiedo chi sono io, che io sono le persone che ho incontrato nelle mia vita, non sono nessun altro. Per questo gli incontri diventano fondamentali. In questo momento è bello e importante sentire tutte le persone che ci hanno accompagnato per anni  insieme con noi. La vita è unica. E in questo spirito siamo qui per dire grazie al Signore e il salmo che abbiamo cantato mi pare molto adatto ad oggi. ‘Benedirò il Signore in ogni tempo, benedire il Signore, sulla mia bocca sempre la sua lode, noi dovremmo dal mattino alla sera ringraziarlo’.

Provate a pensare, che le molecole del nostro corpo, mi dicono oggi gli scienziati, vengono da un’esplosione miliardi di anni fa di una supernova e siamo tutti connessi in maniera misteriosa, ecco la vita.

‘Benedirò il Signore, mi glorio nel Signore, celebrate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome’. E poi quell’invito stupendo: ‘Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno più oscuri i vostri volti, guardiamo a lui lodiamolo viviamolo, benedicendo per tutto quello che ci ha dato’.

Permettetemi di ritornare sulla parola del Vangelo di oggi.

Prima di tutto, oggi, celebriamo Pietro e Paolo, noi siamo talmente abituati, ma guardate che sono dei grandi testimoni, ma non solo testimoni ma dei convertiti.

Infatti voi pensate al missionario come quello che va a convertire, io lodo il Signore, invece, perché la missione mi ha convertito, i poveri mi hanno cambiato radicalmente profondamente. Come sono stati cambiati Pietro e Paolo. Ricordiamoci chi era Pietro, era un uomo che, se vedete nei Vangeli, ha capito così poco di Gesù, pochissimo, e alla fine lo ha tradito. Non c’è solo Giuda c’è anche Pietro che lo rinnega tre volte. Gesù ha avuto un bel coraggio ad aver fiducia in uomini come Pietro. Quante conversioni anche Pietro ha dovuto fare, per arrivare dove è arrivato. E anch’io sono qui, prima di tutto, per testimoniarvi attraverso la mia esperienza missionaria che ho sperimentato proprio così, Dio è colui che ascolta il grido dell’oppresso, dell’emarginato, ma non solo lo ascolta, lo libera. Dio è il quel Dio che ci vuole liberi, non vuole schiavi.

Dio come colui che libera, come colui che ascolta, il grido del povero e il povero è sempre chi è schiacciato dai grandi imperi, dai grandi sistemi per cui ascoltando il grido del povero Dio rimette in discussione ogni sistema che schiaccia ed uccide.

Ecco il Dio della liberazione che esce da questo dal testo di Pietro.

E ricordiamoci di Paolo, Paolo era un ebreo ed è sempre rimasto ebreo, non si è mai convertito, è una balla quello che raccontiamo, è rimasto ebreo fino in fondo.

Si è convertito al Signore Gesù non dall’ebraismo, per favore, dopo l’incontro con il Risorto. Viaggerà sulle strade del grande impero romano facendo che cosa?

Fondando piccole comunità alternative all’impero. Per Paolo anche l’impero romano come per tutti gli apocalittici era una bestia, l’Apocalisse lo definirà la più grande bestia mai uscita dal mare, e allora capite che Paolo alla fine la pagherà cara, per Pietro e per Paolo sarà il martirio. ‘Il mio sangue sta ormai per essere sparso in libagione, è giunto il momento di sciogliere le vele, ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede’. Se alla fine della nostra vita possiamo dire questo possiamo dirci beati anche noi.

Pensate, persone che hanno giocato la propria vita per Dio.

Anche il martirio oggi è importante. Siamo grati a martiri come Romero, come tantissime persone in Congo che hanno dato la vita per la giustizia, proprio nel nome del Dio della giustizia distributiva.

È con gratitudine che guardiamo sia a Pietro sia a Paolo, come esempi da imitare, anche loro sono dei convertiti e anche noi dobbiamo continuamente a convertirci.

Infine volevo sottolinearlo la parte della Scrittura quando dice, ‘Tu sei Pietro e su questa pietra, su questa roccia edificherò la mia chiesa, la mia casa, le porte degli inferi non prevarranno contro di essa’. Notate nel Vangelo di Matteo questo testo del capitolo sedici si riallaccia al capitolo sette che poi continua ‘Chi è l’uomo saggio? Chi costruisce la propria casa non solo sulla parola di Dio ma sul fare la volontà, sulla parola e sulle opere’. Per questo costruisce sulla roccia sulla pietra, ma chi invece, ascolta soltanto la parola ma non la mette in pratica è come l’uomo che costruisce sulla sabbia, arriva la tempesta e porta via tutto.

La grande domanda che Dio ci pone e che io volevo porre a voi è proprio questa, noi costruiamo su che cosa? Costruiamo sulla sabbia o sulla roccia?

Siamo invitati davvero a questa sapienza.

Questa società non ha più sapienza, la sapienza dei nostri vecchi è tutta sparita.

Il consumismo, il berlusconismo, la televisione italiana ci ha distrutti e ridotti a quello che siamo. Il mio è un invito serio a ricominciare, a ritornare alla sapienza del vivere. La domenica ascoltiamo la parola di Dio, tendiamo l’orecchio, cos’è che vuole dirmi Dio attraverso questa parola? attraverso la natura, i fratelli, la storia? Dio parla e noi dobbiamo ascoltare.

Ma non è sufficiente ascoltare perché è fondamentale il secondo passaggio il portare frutti, fare la volontà del Padre.

Cos’è la volontà del Padre nel Vangelo di Matteo?

È realizzare quello che Dio vuole per noi.

Cos’è che Dio vuole per noi?

Che siamo felici e che costruiamo un mondo dove tutti sono felici.

Non mi direte che un mondo dove gli ottantacinque uomini più ricchi hanno l’equivalente di 3 miliardi di persone, sia un mondo giusto?

Capite la fame è procurata, gli ammazziamo per fame, l’impoverimento è costruito dai sistemi economici finanziari  profondamente ingiusti.

Ed ecco allora quanto diventa importante il darsi daffare, l’impegno, e tutto questo si può fare si può realizzare attraverso le comunità.

Se c’è una cosa che ben ricordo, quando ero ragazzino, che c’era la solidarietà in questi paesi. Una solidarietà incredibile. Ricordo quando una famiglia perdeva una mucca la si macellava se ne dava un kilo per famiglia, e ognuno offriva, pagava per quel kilo perché quella famiglia potesse ricomprarsi quella mucca che era essenziale. Con tutte le beghe che c’erano, si intende, ma c’era un senso di solidarietà umana che era straordinaria e che ora abbiamo perso.

Dobbiamo ritrovare il senso della comunità se vogliamo salvarci e il senso delle piccole comunità cristiane facendo nascere dei piccoli gruppi che si ritrovino a riflettere sulla parola del Signore che cerchino di animare la comunità.

Vedete come noi frati siamo sempre di meno , sono le comunità  cristiane che devono prendere in mano il loro destino.

E riprendendo quello che il Papa ha detto con una parola molto pesante: ‘Prende forma nelle nostre comunità cristiane la più grande minaccia che è il grigio pragmatismo della vita quotidiana della chiesa, nella quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si sta’ logorando e degenerando nella meschinità’. E poi aggiunge: ‘Si sviluppa la psicologia della tomba che poco a poco trasforma i cristiani in mummie da museo, mummie da museo, deluse dalla realtà, dalla chiesa, da se stessi, vivono la costante tentazione di attaccarsi ad una tristezza dolciastra senza speranza, che si impadronisce dei cuori. Chiamati ad illuminare e a comunicare la vita alla fine si lasciano affascinare da cose che generano solo oscurità e stanchezza interiore e, che debilitano il dinamismo apostolico’.

Per tutto ciò mi permetto di insistere non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione le comunità cristiane devono imparare che cos’è la missione, uscire fuori da se stesse e condividere i doni che abbiamo. Il Papa è anche durissimo in un altro richiamo dove il problema è la ricchezza.

La ricchezza è un bene bellissima, i soldi se condivisi diventano pane, diventano eucarestia, non c’è nulla di male, la ricchezza è un bene ma deve essere non il fine ultimo ma qualcosa d’altro. Uso le parole del Papa perché mi sembrano veramente profetiche: ‘Una delle cause di questa situazione si trova nella relazione che abbiamo stabilito con il denaro poiché accettiamo pacificamente il suo predominio su di noi e sulle nostre società’.

Il predominio del denaro, la dittatura delle banche dei soldi e, ha ragione un gesuita inglese, che dice, noi cristiani d’occidente leggiamo il Vangelo come non avessimo soldi e usiamo i soldi come non conoscessimo nulla del Vangelo.

Dice ancora il Papa: ’La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica è l’uomo che è andato in crisi, l’uomo e la donna, la negazione del primato dell’essere umano’.

Abbiamo creato nuovi idoli, l’adorazione dell’antico vitello d’oro, denaro come feticcio, un idolo e nella dittatura di un’economia senza volto e senza lo scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e soprattutto la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano a uno solo dei suoi bisogni, il consumo.

Sono grato al Signore, perché mi ha fatto vivere a Korogocho, dodici anni vivendo come vive la gente lì. E quando voi vivete in quelle condizioni, incominciate davvero a capire diverso, a leggere il mondo in un’altra maniere.

È stata terrificante per me quell’esperienza, ma altrettanto a Napoli e non parlo della Napoli bene ma dell’altra Napoli, di Scampia o del Rione Sanità o di Ponticelli, quando si vive dentro quelle realtà si comincia a leggere le cose con altri occhi.

Per ciò vi invito, voi che state bene, ad aprire gli occhi, a darvi daffare, a non fare del denaro un feticcio, a incominciare a condividere, a vivere insieme, a riscoprire la gioia della vita.

Le nostre famiglie non sono più umane, non abbiamo più tempo. L’uomo non ha più tempo. Papà non ha più tempo per la mamma. La mamma non ha più tempo per il papà, perché tutti devono correre. I genitori non hanno più tempo per i figli.

Se c’è una cosa che ci sta’ mancando è la felicità e la felicità viene dal sentirmi amati. Voluti bene in famiglia.

Ecco l’invito, quello che chiedo a tutti voi, in questo mio anniversario, un salto di qualità.

Sono qui come missionario. È bello ritrovarsi a celebrare un giorno di festa, ma è anche importante dirci queste cose, perché nasca un mondo un po’ più giusto, un po’ più vivibile._Padre Alex Zanotelli